Di Luigi Gnaccarini
C’è un momento preciso in cui ho capito che San Quirico d’Orcia non è solo un borgo, ma un luogo che ti entra dentro. Stavo camminando lungo i suoi vicoli stretti in una mattina d’inverno, il freddo pungente mitigato dal profumo della legna che bruciava nei camini. Il silenzio era totale, interrotto solo dai miei passi e dal lieve suono del vento che si infilava tra le antiche mura. Era come se il tempo avesse deciso di fermarsi lì, in quell’atmosfera sospesa tra passato e presente.
Arrivare a San Quirico d’Orcia in inverno è come entrare in un dipinto che prende vita. Le colline della Val d’Orcia, leggermente avvolte da una bruma invernale, si srotolano dolcemente fino all’orizzonte, punteggiate da cipressi e casali che sembrano usciti da una fiaba. L’inverno aggiunge un tocco di magia: i colori sono più intensi, l’aria limpida amplifica la bellezza di ogni dettaglio.
Ho iniziato la mia esplorazione dalla Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta. Le sue porte scolpite, leggermente coperte da un velo di umidità mattutina, mi hanno subito attratto. Entrando, il silenzio era ancora più avvolgente. La luce filtrava dalle finestre creando riflessi morbidi sulle pareti di pietra, trasformando la chiesa in un luogo di meditazione. Mi sono chiesta quante persone, nei secoli, avessero trovato qui un rifugio dal freddo e un conforto spirituale.
Poi c’è stato il momento degli Horti Leonini, un’oasi di geometrie e pace anche in inverno. Passeggiare tra le siepi spoglie, respirando l’aria fresca, è stato un invito a rallentare. Seduta su una panchina, ho osservato il giardino avvolto da un’atmosfera tranquilla e rarefatta, con il cielo grigio che accentuava la bellezza delle simmetrie rinascimentali.
Ma il ricordo più intenso di San Quirico è legato al celebre Boschetto dei Cipressi, raggiunto seguendo un sentiero che sembrava quasi scolpito nel paesaggio invernale. I cipressi, solitari e maestosi, si stagliavano contro il cielo bianco di nuvole basse. Mi sono seduto lì, osservando l’orizzonte e lasciandomi avvolgere dal silenzio. È stato un momento di connessione profonda con la natura e con il senso di eternità che solo luoghi come questo sanno trasmettere.
A completare la giornata è stata la cucina: un piatto fumante di pici al ragù di cinghiale e un bicchiere di vino rosso corposo, sorseggiato di fronte a un camino acceso. Ogni sapore era un omaggio alla terra e alla tradizione, un’esperienza che parlava di mani sapienti e di amore per la semplicità.
San Quirico d’Orcia, in inverno, non è solo un luogo da visitare: è un rifugio per l’anima. È un’esperienza da vivere lentamente, un incontro intimo con la bellezza autentica della Toscana, un luogo che invita a tornare, perché sai che ogni stagione svelerà qualcosa di nuovo, qualcosa che ancora non hai scoperto.