Testo e Foto di Anna Alberghina
Se appartenete alla schiera di coloro che affermano: “più conosco gli uomini, più amo le bestie”, dovete assolutamente leggere la storia dei draghi di Komodo. Komodo è un’isoletta di appena 600 km2 che fa parte dell’arcipelago indonesiano della Sonda.
Non presenta particolari attrattive. Ha raggiunto la notorietà grazie al “ varanus komodiensis”, il più grande sauro vivente, l’ultimo discendente della megafauna del Pleistocene che qui ha trovato il suo habitat ideale. I nativi lo chiamano “coccodrillo terrestre” e già nell’800 circolavano leggende su mostri in grado di sbranare pescatori e marinai. Per la prima volta, nel 1910, un tenente dell’amministrazione olandese ne documenta l’esistenza. Nel 1912 Peter Ouwens, il direttore del Museo Zoologico di Bogor a Giava, ne parla in uno studio. Da allora, il suo comportamento predatorio, le sue strategie riproduttive e le sue singolari tecniche di termoregolazione hanno affascinato scienziati e viaggiatori.
Nel 1980 è stato istituito il Parco Nazionale di Komodo che comprende anche le isole di Rinca e Padar, meta, oggi, di quotidiani pellegrinaggi. I lucertoloni, infatti, sono ormai quasi estinti. Ne restano in natura circa 4-5000 esemplari relegati sulle isole di Gili Motang, Gili Dasami, Rinca, Komodo e Flores. Anch’io mi accingo, dunque, a sbarcare sull’isola di Rinca e confesso di sentirmi un po’ come l’eroina di Jurassic Park. Un ranger, armato di bastone, ci accompagnerà in un piccolo trekking sulle tracce degli ultimi draghi! Grazie alle sue dimensioni, il varano di Komodo è signore incontrastato del suo ecosistema. Può raggiungere i 3 metri di lunghezza ed il peso di un individuo adulto va dai 70 ai 160 Kg! Ha una pelle squamosa, tendente all’azzurrognolo. Alcune squame sono ricoperte con tessuto osseo. Si ciba di carogne ma predilige animali vivi.
Cattura le sue prede inseguendole o tendendo agguati. Mangia di tutto: invertebrati, rettili, uccelli, scimmie, capre, cinghiali e persino cervi, cavalli e bufali d’acqua. Non disdegna gli esemplari della propria specie e, se ne ha occasione, attacca l’uomo. Gli abitanti delle isole costruiscono i cimiteri nei terreni argillosi e ricoprono i corpi di grosse pietre per evitare che i varani disseppelliscano i cadaveri. Grazie al fiuto prodigioso, possono individuare una carogna a 5-10 Km di distanza!Pur essendo animali solitari, cacciano in gruppo, diversamente dagli altri rettili. Dopo aver ucciso la preda, iniziano a divorarla a partire dalla regione anale, strappando grossi lembi di carne che inghiottono interi. I denti, aguzzi e serrati, sono ricoperti di tessuto gengivale che si lacera quando l’animale mangia. Ma la vera arma letale è la saliva, autentico terreno di coltura per oltre 50 tipi di germi patogeni. Il morso del varano non lascia scampo.
Se si riesce a sopravvivere al veleno prodotto dalle due ghiandole poste nelle mascelle inferiori che provoca inibizione della coagulazione, abbassamento della pressione sanguigna e paralisi muscolare, bisognerà vedersela con le infezioni e la sepsi. Possono ingerire una quantità di cibo pari all ‘ 80% del loro peso. L’accesso al cibo è regolato da un ordine gerarchico. Spesso vengono ingaggiati feroci combattimenti. Il perdente viene solitamente ucciso e divorato dal vincitore. Terminato il banchetto resta solo una carcassa completamente svuotata. Per concludere, dopo la digestione, rigurgitano una massa di corna, peli e denti, ricoperta da muco maleodorante!
L’accoppiamento dei varani ha luogo fra maggio ed agosto. Durante il coito, il maschio immobilizza la femmina per non essere ferito. Le uova vengono deposte in settembre e restano in incubazione per 7-8 mesi. Si schiudono in aprile quando abbondano gli insetti che sono il nutrimento dei piccoli varani. La vita dei giovani draghi è piena di insidie fin dall’inizio. Appena nati già rischiano di essere divorati dalla propria madre! Si salvano quelli che riescono ad arrampicarsi sugli alberi dove trascorrono i primi 3 anni di vita. La vita media è di circa 30 anni. Sono stati osservati, fra gli animali in cattività, dei casi di partenogenesi. Alcune femmine hanno deposto uova non fecondate e si sono schiuse solo quelle che contenevano i maschi. Questo adattamento riproduttivo permetterebbe alle femmine di occupare nicchie ecologiche isolate, salvaguardando la specie. Generando maschi, potrebbero accoppiarsi con i propri figli dando vita ad animali di ambo i sessi.
Osservare in natura i draghi di Komodo diventa sempre più difficile. Le eruzioni vulcaniche, i terremoti, la deforestazione, gli incendi, la diminuzione delle prede ed il bracconaggio hanno reso sempre più precarie le loro condizioni di vita. La mia “caccia” ai draghi ha dato buon esito. Li vedo all’ultimo, mimetizzati fra le rocce, con il rischio di diventare il loro prossimo pasto. Mi fissano con cattiveria e muovono fulminei la lingua biforcuta. Non c’è dubbio, i draghi di Komodo non sono il mio ideale di animale da compagnia! E’ vero, tuttavia, che anche nell’essere umano esiste un germe di ferocia capace di spingerlo a gesti efferati. “Homo homini lupus” diceva Hobbes. Chissà, forse non aveva tutti i torti.