Testo e Foto di Anna Alberghina
Una costellazione di 17.000 isole che si estendono per 5000 Km sulla linea dell’equatore, tra l’Oceano Indiano e il Pacifico: questa è l’Indonesia, uno dei paesi più interessanti del sud-est asiatico. Il suo territorio racchiude quasi tutto ciò che l’Asia può offrire.
Le isole della Piccola Sonda, Nusa Tenggara, l’arcipelago di sud-est ad oriente di Giava e Bali sono uno degli angoli più affascinanti del paese, con enormi valenze etnografiche, naturalistiche e paesaggistiche. Arida, remota, affascinante, Sumba ospita la cultura tribale più interessante delle Nusa Tenggara. E’ un’isola dove sopravvivono l’atmosfera e la cordialità tipiche dell’Oriente, di un mondo che viaggia con un ritmo diverso. Avere fretta è un segno di scortesia, ovunque si viene accolti con cordialità e curiosità, ad ogni nuovo incontro vi vengono offerte delle noci di betel. E’ un onore riceverle , un’offesa rifiutarle. Diversamente dalle altre isole indonesiane, Sumba custodisce le sue tradizioni feudali e guerriere che culminano nel periodo tra febbraio e marzo col torneo dei Pasola, una battaglia a cavallo fra clan , un autentico rito propiziatorio per ingraziarsi il mondo degli antenati e per ottenere un buon raccolto. Questa celebrazione vuole anche rievocare il taglio delle teste dei nemici, largamente praticato sull’isola fino a pochi decenni fa.
Ancora oggi ,nei villaggi ,si possono vedere gli alberi secchi a cui venivano appese le teste trofeo. L’isola è stata convertita al cristianesimo dagli Olandesi, tuttavia la tradizione animista, basata sul culto dei Marapu ,caratterizza ogni aspetto della vita quotidiana dei sumbanesi. Con il termine Marapu si indicano sia gli spiriti divini che gli spiriti degli antenati. Essi vengono consultati in occasione di eventi speciali come il matrimonio, le nascite, la costruzione di una casa oppure viene loro chiesta la lettura del futuro attraverso le interiora degli animali. Il Marapu simbolizza il mondo invisibile ed è un elemento tipico della cultura megalitica in cui il mondo materiale e quello immateriale interagiscono continuamente e questa relazione è resa viva attraverso i rituali e le offerte. Le case sono costruite con alti tetti piramidali di paglia, che svettano sulla foresta, per facilitare l’ingresso degli spiriti degli antenati affinché diano protezione alla loro discendenza.
Le cerimonie più importanti per i Sumbanesi sono quelle funebri durante le quali vengono effettuati sacrifici di animali, per lo più maiali e bufali e viene offerto un sontuoso banchetto alla vasta parentela. L’organizzazione dei funerali rappresenta un notevole sforzo economico per le famiglie. Per questo motivo i defunti spesso attendono la loro sepoltura anche un anno. Durante questo periodo ,il corpo, avvolto da strati e strati di tessuti ikat, tale da sembrare un grosso fagotto , viene conservato in casa. Sono proprio gli ikat più preziosi, tinti di indaco e rosso , decorati con splendidi disegni che raccontano miti e leggende, ad accompagnare i defunti nel loro ultimo viaggio.
Vengo invitata al funerale di un’anziana signora, che aspetta da tempo il gran giorno, coperta da magnifici tessuti . Per l’occasione il cortile della casa è stato trasformato in un piccolo teatro. Centinania di seggiole sono pronte per gli invitati che assisteranno con entusiasmo al sacrificio degli animali . Fin dalle prime ore del mattino arrivano, accompagnati da musica e canti, i vari gruppi familiari che portano in dono un maiale o un bufalo. Come se presentissero ciò che li attende, le povere bestie recalcitranti osservano la folla con occhi terrorizzati.
Un comitato di anziani, sceglierà, dopo accese discussioni, i capi da sacrificare: otto maiali e cinque bufali. Il governo, infatti, ha fissato un numero massimo , ponendo fine alle sanguinose mattanze di un tempo. La cucina è in fermento, nei grossi pentoloni fumanti stanno cuocendo gustose pietanze. Le conversazioni si animano . Tutti masticano noci di betel ,incuranti del succo rossastro che macchia i denti e le labbra in modo indelebile. Ben presto la musica si fa assordante , l’eccitazione palpabile.
E’ l’inizio dei sacrifici. Si tratta di una cerimonia arcaica e cruenta che evoca epoche lontane ed esercita un suo fascino morboso. Un numeroso gruppo di uomini armati di spade ed eccitati dal betel trascina nell’arena le bestie ,una ad una. Colpiti al collo , gli animali muoiono dissanguati, muggendo dolorosamente e cercando di caricare la folla urlante. Macabri e grotteschi, con le corna decorate di tessuti colorati, i bufali fissano su di me lo sguardo reso ormai vitreo dalla morte. Difficile comprendere questo bisogno di sangue, questa follia collettiva, ma non sono lì per giudicare le tradizioni millenarie di un popolo che sembra sfuggito, per chissà quale miracolo, alle contaminazioni dell’era tecnologica.