Impossibile non innamorarsi di Aruba. Un fazzolettino di terra che si trova a 15 kilometri dalla costa venezuelana, con un poker notevole di assi nella manica: mari turchesi, un sole che splende 365 giorni all’anno, temperature medie di 28°, freschi venti alisei, e una posizione geografica lontana dalla rotta degli uragani caraibici.
Se aggiungiamo che gli Arubiani hanno una moderazione e prosaicità tipicamente olandese, che sono cordiali e calorosi e che sull’isola si respira una gioia di vivere caraibica, allora difficile dare torto a chi dichiara che Aruba è un paradiso terrestre.
E’ un isola con due anime: quella sofisticata, allegra e verde che si estende lungo il versante meridionale, e quella aspra, brulla e austera che si trova sul versante settentrionale. Perché, strano a dirsi, Aruba è un’isola arida che da sempre ha dovuto combattere la mancanza d’acqua. Basta prendere la strada che dal Faro California costeggia la costa frastagliata e attraversa il Parco Nazionale Arikok.
Un paesaggio desertico con dune di sabbia, cactus, formazioni rocciose, miniere d’oro dismesse e grotte con pitture rupestri: una meta ideale per gli appassionati delle escursioni in fuori strada, gli amanti del trekking, i naturisti.
Da visitare allevamenti di farfalle e di struzzi, e due santuari, uno per asinelli e uno per uccelli, mentre da marzo a settembre si può assistere alla dischiusa delle uova che le tartarughe marine depongono nelle tante piccole insenature lungo questo tratto di mare. Un mare agitato, burrascoso e spumeggiante che si infrange senza soluzione di continuità sulle nervature spigolose e sulla battigia riarsa del litorale sopravento.
Ma l’Aruba più amata è quella del versante sottovento, quella con spiagge bianche, acque trasparenti e verdissimi campi da golf i quali, come tutto sull’isola, dipendono dal grande impianto di Balashi che filtra e purifica l’acqua del mare attraverso rocce di corallo. E’ qui che sorgono le due zone alberghiere: una zona high-rise dove svettano hotel di lusso come Westin, Occidental, Hyatt Regency e Renaissance, e una zona low-rise, più vicina alla capitale Oranjestad, dove deliziosi alberghi boutique e piccoli resort si affacciano su chilometri di sabbia bianca finissima bordata da palmeti, dai caratteristici alberi dividivi, e dalle acque cristalline del Mare dei Carabi. Come il Bucuti & Tara Resorts, sulla stupenda Eagle Beach.
Basta un pomeriggio per girare tutta l’isola che è lunga 32 kilometri e larga dieci. Nel 1499 furono gli spagnoli i primi ad arrivare sull’isola, fino ad allora abitata da indiani Arawak e, trovando resti di corpi umani di misure notevolmente più grandi di quelli trovati in altre parti dei Caraibi, la chiamarano Isla de los Gigantes. Nel 1634 gli olandesi presero Curacao come base dalla quale attaccare l’invincibile Armata spagnola. Nel 1636 invasero Bonaire e Aruba e, tranne per un breve intervallo di dieci anni dal 1806 al 1816, quando fu occupata dagli inglesi, Aruba, insieme a Bonaire e Curacao, ha fatto parte delle Antille Olandesi, territori dei Paesi Bassi di cui oggi sono regioni autonome. Le due lingue ufficiali di Aruba sono l’olandese e il papiamento, una lingua basata sullo spagnolo, l’olandese e il portoghese. La popolazione appartiene a ben 96 nazionalità diverse, e parla anche l’inglese e lo spagnolo. mentre la divisa ufficiale è il fiorino arubiano.
Il Queen Beatrix International Airport si trova a due passi dalla capitale Oranjestad, una cittadina allegra con casette dipinte nei colori pastello, tetti spioventi, porte in legno intagliato ed ariose verande. Ed è a Oranjestad che attraccano le navi da crociera dalle quali, ogni anno, scendono oltre 500.000 turisti che vengono inghiottiti dai negozi e centri commerciali sul lungomare e dai piccoli bar, ristoranti e boutique nel cuore della ridente cittadina.
Impossibile annoiarsi ad Aruba. Per gli amanti degli sport acquatici c’è la possibilità di esplorare importanti siti subacquei e relitti della seconda guerra mondiale in acque che si aggirano fra i 25°e i 26°tutto l’anno. Si può praticare anche lo Snuba scendendo sott’acqua, collegati ad un lungo tubo, connesso ad un serbatoio da sub posto su una zattera che segue gli spostamenti di chi sta sul fondale marino permettendolo di respirare e muoversi liberamente senza l’obbligo di indossare pesanti e ingombranti attrezzature. Poi c’è il Sea Trek, un sistema che permette di camminare sui fondali indossando un casco da palombaro. Sull’isola ci sono due campi da golf, La Tierra del Sol con 18 buche e il Divi Aruba con 9, e poi c’è la pesca d’altura, il kayaking, il kite surfing, il wind surfing e le crociere in sottomarino.
Per chi di cultura non è mai sazio, basta girovagare a Oranjestad per ammirare l’architettura, i monumenti e curiosi musei come il Museo Numismatico, il Museo dell’Antichità, il Museo della Bibbia, il Museo dell’Aloe, e il Museo dei Trenini Modello. Gli amanti della buona tavola si renderanno presto conto che sull’isola c’è l’imbarazzo della scelta quando si tratta di pasteggiare, e apprezzeranno l’ottima birra locale, la Balashi. Per i nottambuli, all’imbrunire l’isola si anima e la movida arubiana prosegue fino alle ore piccole nei locali e ristoranti lungo le spiagge, nei casinò e nei teatri dove si può assistere a stravaganti spettacoli in perfetto stile Las Vegas.
Chi alle spiagge privilegia la campagna troverà, nel centro dell’isola, campi coltivati, stradine di campagna, piccole aziende agricole e una tranquillità bucolica d’altri tempi. Poi c’è il Cunuco Arubiano, l’unico Small Luxury Hotels of the World sull’isola, un eco-resort boutique a Santa Cruz con tre piccole casitas colorate in stile olandese-arubiano, una rossa, una azzurra, una gialla, una piscina e una vineria con oltre 500 etichette.
A cinque minuti da una piccola baia privata e dieci minuti dall’aeroporto, il Cunucu (che significa campagna in papiamento) confina con l’Aruba Donkey Sanctuary che si può visitare anche se sono gli asinelli a fare visita agli ospiti, specialmente la sera quando si schierano dietro il recinto ed aspettano con pazienza qualche ghiottoneria offerta dagli ospiti del Cunuco.
Quali le più belle immagini da portare via con sé dopo una vacanza sull’isola? Molte di più di quante si possono contare sulle dita di una mano, ma una delle più suggestive è quella dell’albero nazionale, il nodoso divi-divi, la chioma verde scura scolpita dei caldi venti alisei, che si staglia contro un cielo e un mare di un azzurro strepitoso. E poi, come dimenticare i sorrisi contagiosi degli arubiani, e il loro saluto: Bonbini, benvenuto!
Aruba. Impossibile dimenticarla.
Testo di Pamela McCourt Francescone