di Luisa Chiumenti
In occasione dell’International TourfilmFestival 2012, che si è svolto recentemente a Lecce, con grande riscontro di pubblico e di critica, è stato organizzato anche un itinerario di visita in alcuni luoghi della terra Salentina di grande interesse monumentale storico e paesaggistico.
Tra i monumenti visitati ecco il Castello di Copertino che appare, dopo gli accurati restauri realizzati dalla Soprintendenza, in tutta la poderosa imponenza dell’antica struttura fortificata.
Il castello, realizzato negli anni Trenta del ‘500 fu completato nel 1540 dall’architetto pugliese Evangelista Menga, su incarico del marchese Alfonso Granai Castrista (generale di Carlo V e feudatario della vasta Contea, istituita da Carlo I d’Angiò nel 1266).
Prestigiosa, monumentale dimora di numerose famiglie nobiliari, l’edificio rappresenta tuttavia, come tipologia architettonica, uno degli esempi più significativi di architettura militare in Puglia, nella sua caratteristica planimetria quadrangolare, contrassegnata dai forti bastioni angolari, racchiudenti peraltro strutture difensive precedenti, come il mastio angioino.
Circondato da un ampio fossato, scavato nel banco roccioso e da quattro poderosi bastioni angolari, il maniero presenta due cordoni marcapiano nel prospetto esterno che individuano altrettanti ordini di casamatte, conferendo al complesso una funzione altamente difensiva.
L’accesso al monumento avviene attraverso un maestoso portale rinascimentale, fiancheggiato da due colonne che sorreggono un coronamento di forma composita a duplice cornice contenente una serie di rosoni, panoplie, bassorilievi commemorativi e medaglioni in rilievo, con le effigi di illustri personaggi legati alla storia locale e alla grandezza del feudatario.
Da qui, attraverso un androne voltato, si accede al cortile interno sul quale si affacciano corpi di fabbrica di epoche differenti. Sulla destra, un portale con timpano, immette in una cappella di piccole dimensioni, a pianta rettangolare, con volta a botte, dedicata a San Marco. All’interno è possibile scorgere, ai due lati dell’altare, i sarcofagi dei marchesi, succeduti ai Castriota, realizzati dal gallipolino L. A. Russo nel 1568 e gli affreschi che la famiglia Squarciafico, detentori dal 1557 del castello, affidarono al pittore copertinese Gianserio Strafella e bottega.
L’artefice, attivo a Copertino dal 1560 al 1577, decora l’ambiente con figure di santi e scene tratte dal Vecchio e Nuovo testamento. Sulla volta, all’interno di cornici decorate ad imitazione dello stucco, erano collocati i quattro evangelisti, di cui solo due ancora visibili.
Nell’ampio cortile sono da segnalare un caratteristico pozzo e un portico a tre arcate, con lo stemma della famiglia Pinelli-Pignatelli oltre alle le scuderie e alle gallerie angioine. Il piano superiore, accessibile dal cortile mediante una scalinata scoperta, conduce agli ambienti quattro-cinqueceneschi del cosiddetto “palazzo vecchio”, residenza dei baroni e comprendente circa venti stanze. A metà rampa si notano i resti degli affreschi quattrocenteschi della cappella della Maddalena.
Ma prima di lasciare Copertino non si può fare a meno di sostare davanti alla bella facciata secentesca del Santuario di San Giuseppe da Copertino, ideato nel 1753 anno della beatificazione di fra Giuseppe Desa. Fu nel 1754, dopo una serie di incomprensioni tra alcuni privati e l’Universitas, su disegno del copertinese Adriano Preite, che si dette inizio ai lavori, abbattendo un tratto di mura, la chiesa di San Salvatore e la misera dimora di donna detta “la Carlangiana” ( come si leggeva in un’epigrafe scomparsa, la chiesa fu terminata nel 1758). L’edificio, a pianta centrale e coperto a volta, nel 1872 fu ingrandito con la realizzazione dell’attuale vano absidale.
Dopo varie vicissitudini, nel 1930, dopo la lunga assenza a causa delle soppressioni napoleoniche e dell’Unità d’Italia, i Frati Minori Conventuali fecero ritorno a Copertino, e ad essi fu affidata la cura del Santuario dal vescovo Muller. Accanto alla chiesa i confratelli del santo costruirono il nuovo convento ed il seminario serafico.
Da visitare anche la “Stalletta”, con il suo tetto a capanna fatto di paglia, canne e tegole, i muri scrostati, un camino e due stipetti a muro: un misero arredo seicentesco custodito intatto per secoli. In questa stalla si rifugiò mamma Franceschina per dare alla luce Giuseppe Maria, il futuro Santo dei voli.
Ma eccoci di nuovo sul mare, per godere di quella meravigliosa gemma colorata che è rappresentata da Gallipoli, la cittadina bagnata dal Mar Ionio, che sorge sulla costa occidentale della penisola Salentina, nel Golfo di Taranto. Divisa planimetricamentein due zone ben definite Gallipoli sorge su di un’isola calcarea collegata alla terraferma da un ponte in muratura, e appare suddivisa in due parti la “città vecchia” e il “borgo nuovo” .
La città vecchia ha sostanzialmente conservato immutato il suo impianto urbanistico in un continuo sovrapporsi di strutture edilizie di varie epoche e di diverse matrici culturali.
Ha vie strette e tortuose, un intrico di strade, secondo una tipologia che s’incontra nel mondo islamico; tale impianto vario si fa risalire alla prima metà del 900 d. C., periodo in cui la città fu conquistata dai Saraceni, che la dominarono per circa trenta anni.
Una strada principale divide il nucleo storico in due zone, lungo la direzione est – ovest, (scirocco e tramontana) secondo una pianificazione classica delle città greche.
Una cinta bastionata, che aveva il suo fulcro nel Castello, si sviluppa per una lunghezza di circa un chilometro e mezzo e resta oggi la sola nella parte bassa, essendo stata demolita fino al livello stradale tra il 1879 e il 1887 ed è stata comunque sostituita con una strada panoramica, la Riviera, che consente passeggiate lungo scenari entusiasmanti.
Ultimo baluardo di un passato antico, non possiamo non ricordare in Gallipoli, la fontana greco-romana, più antica d’Italia.
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